sabato 11 giugno 2016

I Boreali - Milano, 20 aprile 2016: Paolo Nori e Fredrik Sjöberg

Al Book Pride, come sapete, ho tergiversato a lungo davanti agli stand di molti editori amici. Tra questi, Iperborea ha un posto speciale into my heart, vista la mia antica velleità di imparare il danese e di vivere a CPH. Vabbè. Il Grande Nord mi affascina da anni e anni, e i loro libri mi ci portano, e io allora sono contenta. La cara Anna Oppes, esperta commerciale e spavalda organizzatrice di corsi ed eventi in casa Iperborea, si è lasciata sfuggire un candido "ma tu ci vieni ai Boreali, vero?" ... ...I Boreali. Il Festival di Iperborea. Il Festival nordico abbestia di Iperborea. Sponsorizzato da Ikea a Tiger perché loro hanno capito tutto dalla vita. Non ci sono mai stata. Verrò uccisa dal mio portafoglio, dal mio fisico bistrattato, dal mio ragazzo e pure dal genitore uomo, ma insomma. Almeno un giorno ci devo andare! E così, di ritorno da Milano, mi è sembrato giusto prenotare un altro biglietto per Milano. Non prima di aver chiesto consiglio ad Anna Basile, la web manager boreale, sull'evento che proprio non potevo perdermi assolutamente per nulla al mondo. La sua risposta è stata, giustamente, vieni all'inaugurazione, che c'è Sjöberg! Sjöberg. Ma certo, quello che ha scritto L'arte di collezionare mosche! Quel libro tutto strapazzato che aveva Christian Raimo quando venne a fare lezione alla Scuola del Libro, e di cui ci lesse un brano, così, per farci capire di cosa parliamo quando parliamo di scrittori ammodo. Ok, ce l'ho, l'ho preso al Book Pride, bomba, aspettatemi che arrivo bimbi!

Mercoledì 20 aprile ho così di nuovo fatto la valigia, direzione la mia prediletta Milano. C'è un sole pazzesco, ho prenotato un appartamentino sui Navigli, sono raggiante, e me la vivo abbestia con il grido di "life is now". Megan Gale docet. 



A casina (no, non mi affeziono subito ai posti, no no) mi raggiunge subito la Fede, ci godiamo il solicino e il glicine, mi intopo per Sjöberg e per la Scandinavia in generale e via che andiamo a piedi (un'idea brillante, davvero) verso il Teatro Franco Parenti. Nota a margine, questo luogo è strabiliante, la gente è super bella, ed è subito Nord come se non ci fosse un domani. Prendiamo posto per l'inaugurazione, dunque! Chiaramente prima i saluti istituzionali, molti agili e sentiti, da parte di qualcuno che non mi ricordo (la professionalità sempre prima di tutto) e di Pietro Biancardi. Adesso, visto che: 

  • sono passati quasi due mesi da quel meraviglioso momento 
  • nel frattempo Fulvio Ferrari ha vinto il premio Gregor Von Rezzori per la miglior traduzione  di un'opera narrativa straniera proprio con L'arte di collezionare mosche
  • Si è appena conclusa l'edizione veneziana dei Boreali,
Voi giustamente vi puppate tutta la conversazione tra il mitico Nori e lo splendido Sjöberg. Oh! 

Nessun uomo è un'isola. Dell'arte di vivere lenti e felici e di collezionare mosche. Fredrik Sjöberg dialoga con Paolo Nori.
A seguire: Cocktail svedese / A cura di Björk Swedish Brasserie
Dj set nordico / A cura di Maurizio Principato.

Nori: Partiamo dal concetto di isola, di una limitazione che ha a che fare con le cose. Ad esempio, dici, quando ci presentiamo invece di "piacere" bisognerebbe dire "quando vai via?"
Sjöberg: Sì, sono ossessionato dalle isole, ho bisogno di quei limiti che vengono offerti naturalmente vivendo su un'isola. Tante altre persone invece le detestano, le vedono come prigioni; a me piace l'opposizione isola/tempo. La frase che hai citato sarebbe un ottimo modo per stabilire relazione più intensa con le altre persone. Così come conoscere limite della vita sarebbe simpatico. Collezionare qualcosa significa stare entro certi limiti, altrimenti si finisce in una casa di matti, cosa che tra l'altro potrebbe succedere veramente! [Io dopo questo primo scambio di battute sono già innamorata persa del buon Fredrik, cosa evidente anche dai cuori che ho sparso tra le pagine del suo libro. Ok, andiamo avanti].  
N.: Dovete sapere che lui colleziona mosche solo su quest'isola, e che questo libro è pieno di racconti stupefacenti. Io gli entomologi li venero come scienziati, non come collezionisti. René Malaise è il coprotagonista ["geniale inventore della trappola che ha permesso di scoprire migliaia di nuove specie"], uomo pieno di disagio, personaggio stupefacente, che tra le altre cose recupera un articolo su una rivista di collezionismo svedese riguardante la monografia di 500 pagine sui tafani europei. 
S.: Sì, tra i racconti stupefacenti mi piace citare quello del gabinetto a due posti. La Svezia è un paese non molto densamente popolato, e ci piace la compagnia. Quello che è scritto nel libro è tutto vero! 
N.: L'epigrafe è la citazione di Augusto Monterroso, scrittore sudamericano (guatemalteco) stranissimo, che ha scritto tra l'altro Opere complete (e altri racconti) [LOL]. Il tuo quindi è un libro che si nutre anche di letteratura?
S.: Sì naturalmente amo leggere, soprattutto gli scrittori che non hanno scritto tanto, la cui opera completa si può leggere in un pomeriggio! Ho sempre letto molto e mi ritengo un parassita, uso autori che ho amato molto, come Kundera, Strindberg, Chatwin.
N.: Il fatto di essere appassionato di mosche ti mette in una condizione nei confronti del mondo molto particolare, soprattutto in certi periodi [E qui Nori rammenta l'incipit di Resurrezione di Tolstoj, e io visto che sono dotata della capacità di fare ctrl+c e ctrl+v ve lo riporto]:
Per quanto gli uomini, riuniti a centinaia di migliaia in un piccolo spazio, cercassero di deturpare la terra su cui si accalcavano, per quanto la soffocassero di pietre, perché nulla vi crescesse, per quanto estirpassero qualsiasi filo d'erba che riusciva a spuntare, per quanto esalassero fiumi di carbon fossile e petrolio, per quanto abbattessero gli alberi e scacciassero tutti gli animali e gli uccelli, – la primavera era primavera anche in città. Il sole scaldava, l'erba, riprendendo vita, cresceva e rinverdiva ovunque non fosse strappata, non solo nelle aiuole dei viali, ma anche fra le lastre di pietra, e betulle, pioppi, ciliegi selvatici schiudevano le loro foglie vischiose e profumate, i tigli gonfiavano i germogli fino a farli scoppiare; le cornacchie, i passeri e i colombi con la festosità della primavera già preparavano nidi, e le mosche ronzavano vicino ai muri, scaldate dal sole.
Allegre erano le piante, e gli uccelli, e gli insetti, e i bambini. Ma gli uomini – i grandi, gli adulti – non smettevano di ingannare e tormentare se stessi e gli altri. Gli uomini ritenevano che sacro e importante non fosse quel mattino di primavera, non quella bellezza del mondo di Dio, data per il bene di tutte le creature, la bellezza che dispone alla pace, alla concordia e all'amore, ma sacro e importante fosse quello che loro stessi avevano inventato per dominarsi l'un l'altro.
I sirfidi prediligono stranamente i luoghi dove l'uomo è un po' intervenuto, come descrivi benissimo in un passaggio del libro [pagine 80-81, tra le più belle e divertenti a mio avviso!].
S.: C'è una linea che divide la natura dalla cultura. Ci sono libri che hanno a che fare con questo ambiente incontaminato che alla lunga diventa noioso, ma non mi piacciono nemmeno le città senza parchi. Le mosche preferiscono un ambiente intermedio, che è quello di cui mi nutro anche io
N.: Mi viene in mente Purity di Jonathan Franzen, romanzo pieno di donne bellissime, dovevano scriverlo sulla copertina, "nocivo", come le sigarette. Qui invece no, lui comincia il libro con un agnello e con delle situazioni imbarazzanti. Ve be racconto una: un giornalista che fa birdwatching va all'isola, e cattura nel viaggio una mosca e gliela porta, e lui la mette nella sua collezione. Sembra di sentire la passione di questo momento, come quando arriva la trappola, ma allora mi chiedo, ma i srifidi italiani, li guardi? Io non esco mai senza carta e penna, perché sennò mi scordo le cose. Allora lui, ce l'ha un kit da cacciatore di mosche da viaggio? [Cuori, cuori, cuori!]
S.: Sì le guardo le mosche italiane, ma colleziono solo quelle sull'isola. Però da quando ho dieci anni mi porto sempre con me una lente di ingrandimento. 
N.: La sua collezione è stata esposta alla Biennale di Venezia, aveva mai pensato potesse essere apprezzata come opera d'arte?
S.: Nel 2009 quando il Padiglione nordico della Biennale decise di inserire un'installazione sul collezionismo voleva che scrivessi una prefazione su ciò, io gli risposi di no, ma che se volevano gli avrei dato la mia collezione. Per me sono solo insetti morti, ma è bellissimo che le mie mosche siano riuscite a trascendere confini tra cultura e natura per trasformarsi in opere d'arte. 
N.: Nel 2004, anno pubblicazione del tuo romanzo, scrivevi che era in atto un boom dell'interesse sui sirfidi, ben cinque persone vi si dedicavano: questo boom è continuato in questi dodici anni??
S.: In effetti è tutto ancora molto promettente (si è duplicato il numero di persone) [LOL], non sta andando male, non sono solo persone anziane, sono aumentate le pubblicazioni scientifiche... non siamo al livello di popolarità calcistica ma non ci lamentiamo, no! Ci sono collezionisti che si dividono in fazioni, io faccio parte di un club che richiede per entrarvi l'aver catturato una mosca particolarmente rara. Beh, alle riunioni siamo in due, ci si diverte moltissimo, è un club esclusivo! [Solo applausi] 
N.: Il tuo libro è stato nominato dal Times "Nature Book of the Year": questa definizione fa capire di cosa si tratta anche il nuovo libro che esce a settembre?
S.: La natura è sicuramente un elemento autobiografico, e L'arte di collezionare mosche è in effetti il primo libro di una trilogia, anzi di un libro diviso in tre parti. Nel secondo il protagonista sarà un pittore, e il tema l'arte. Nel terzo, ci sarà un personaggio che inizia la sua vita nel 1860 come uno dei maggiori esperti mondiali sui vermi. Muore molto anziano, completamente diverso: sarà esperto di tante cose, soprattutto di argenteria antica, e pare che abbia scoperto il Sacro Graal. Sono tutti libri che riguardano personaggi al confine tra biologia e arte

Io sarei stata ad ascoltarli tipo per sempre, in questo mondo magico di letteratura e risate e umorismo e intelligenza e spirito nordico. Però poi c'era il buffet e il dj-set, e quindi il caro Fredrik è stato spedito al tavolino (con un bicchiere di eccellente vino bianco gentilmente offerto dall'Enoteca Wine di Milano) a firmare autografi, dove io e Diana e Andrea (nel frattempo ritrovati tra la folla) ci siamo chiaramente precipitati. Yo. 


Tanto amore, tartine al salmone, chiacchiere abbestia, musica ammodo, vino frizzante e ancora vino frizzante. La gioia che si riassume così: 

Foto di Bianca Rizzi ©.
Dopo aver fatto praticamente chiusura al Parenti ho raggiunto la mia Eli al MOM, ed è così continuata la bisbo Milano style.
La mattina seguente ho salutato il mio adorabile Airbnb con qualche foto ricordo: 

 
Ho poi percorso il Naviglio alla ricerca di un posto carino dove fare colazione, e ho scoperto tipo il the place to be: il Mag Cafè *_*. E allora mi sono accomodata fuori, godendomi il sole che ancora splendeva (dove diamine ti sei nascosto ora che è giugno, dannescion?), il cornetto ai cereali e le pagine del nostro Sjöberg, che hanno continuato a regalarmi solo gioie. 


Questo post vale anche come recensione, perché poco altro c'è da dire, se non fatevi un regalo e leggetevelo
Molti anni fa, prima dell'isola e del teatro, risalii l'immenso fiume Congo su una chiatta che faceva servizio passeggeri. Ah, che avventura! Che racconto poteva venirne fuori! Sulla libertà! E invece niente: non sono mai riuscito a dire nient'altro che le foreste erano grandi e il fiume largo come lo stretto di Kalamar. Che c'ero stato. E' questo che capita quando si viaggia per avere qualcosa da raccontare. Si perde la capacità di vedere.
Nel senso, capite l'immensità di 'sto svedese? Molto bene. Vi saluto con un ultimo collage di foto dell'adorata Milano, dove ad aprile c'era questa cosa molto figa delle poesie attaccate al ponte, e la Silvia me lo ha scritto proprio mentre le stavo guardando. E come dice Julia Roberts, "la vie est belle" :D :D :D. 


A presto prestissimo!
B.  
 

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