venerdì 15 gennaio 2016

Di ritorni e di quattro libri belli

La sensazione è un po' quella del primo post: ritrovarsi una pagina bianca davanti, e dover capire come si fa. Solo che di post alle spalle in realtà ce ne sono, e come si faceva lo stavo imparando sempre di più. Soprattutto, amavo farlo. Non tedierò il mondo dilungandomi sui perché e sui come, limitandomi a dire che dopo tanti, troppi mesi sono riuscita a riaprire le pagine di The Buzzing Page, e a realizzare quanto mi mancassero. Perciò senza altri preamboli, e tornando a bomba al consueto spirito demenziale che ancora - fortunatamente - mi contraddistingue, vi vorrei raccontare i quattro libri con cui ho ricominciato a leggere: a leggere avidamente, con il cuore che sussulta di nuovo, con il formicolio alle braccia per la posizione inevitabilmente scomoda, con le farfalle nello stomaco e le mani impazienti di girare pagina. 



In altre parole del Premio Pulitzer Jhumpa Lahiri [Guanda, 2015] è stato il primo libro che ho acquistato dopo quattro mesi di nulla. La prima volta che sono tornata in libreria (ok, era una Giunti al Punto a Careggi, ma insomma non sottilizziamo), che ho scrutato con attenzione i titoli esposti, e che mi sono fatta guidare dalla voglia di storie belle. Era da tanto che sentivo parlare di questa scrittrice (ad esempio da Diana di Non riesco a saziarmi di libri, che al Salone del Libro mi aveva consigliato, con gli occhi che le brillavano, di leggerla assolutamente) e la bellissima copertina di Guanda si è fatta riconoscere tra gli scaffali. Così l'ho preso: mio. E l'ho divorato. In altre parole è il racconto di una particolare storia d'amore, quella che la scrittrice di origini bengalesi vive con la lingua italiana. E come tutte le classiche storie d'amore che si rispettano anche questa è travagliata, ambigua, passionale, viscerale. La voglia di conoscere, di entrare dentro una lingua così lontana dalla propria lingua madre e dalla lingua parlata (Lahiri è cresciuta negli Stati Uniti), con tutte le difficoltà che questo comporta, il senso di straniamento, di inappropriatezza, e anche di sfida nei confronti di se stessa, hanno portato Jhumpa Lahiri a scrivere direttamente in italiano una serie di articoli inizialmente pubblicati su Internazionale, e poi raccolti da Guanda in questo libro. Una scrittura precisissima, meditata, che non si sottrae però dal trasmettere emozione e coinvolgimento, ma che soprattutto ci ricorda cosa significa mettere passione e determinazione in ciò che si fa, e che il valore della scrittura e dello scrittore continua a commuovere per la sua essenzialità. Ooooooook basta :D (ovviamente non vedo l'ora di leggere i suoi romanzi)!

Anna di Niccolò Ammaniti  [Einaudi. Stile Libero Big, 2015] mi è stato invece consigliato dalla mia amica Carlotta, che solo dopo trenta pagine me ne parlava già entusiasta. E allora sono tornata in libreria (una vera e bella), l'ho comprato, e il mondo reale è sparito per un po'. Confesso di conoscere poco Ammanniti: da piccola ho letto e amato Io non ho paura, mentre due anni fa avevo provato con Come Dio comanda, che però è risultato per me un po' troppo forte (sono di animo delicato, cosa ci volete fare!). Invece con Anna mi sono fidata ad occhi chiusi, ed è nato l'amore. Uno di quei romanzi totalizzanti, da cui non riesci a staccarti, e che ti continua a sorprendere sia per la trama, che per la modalità narrativa e lo stile. La storia è ambiata in un futuro immaginario in cui un virus ha sterminato quasi l'intera umanità, risparmiando solamente i bambini fino al momento dello sviluppo. Siamo in una Sicilia infuocata e lacerata, dove la protagonista Anna si muove veloce e spedita, proteggendo il fratello Astor e cercando di procurarsi cibo e generi di prima necessità, i pochi ancora rimasti in quel mondo saccheggiato da orde di orfani abbandonati a loro stessi, tra città fantasma, autostrade abbandonate, spiagge e boschi. Vivranno un'avventura commovente e straziante il cui obiettivo finale è uno solo, la sopravvivenza. La scrittura di Ammaniti è praticamente perfetta, vi giuro che non riuscirete a staccarvi dalle sue pagine e la fine del libro vi provocherà un senso di spaesamento e, chiaramente, di disagio :)




Il re non ha sonno di Cécile Coulon [Keller, 2013, traduzione di Tatiana Moroni]. E ormai che disagio letterario provavo, perché non provarne ancora di più, ma a palate proprio?? Ho così tirato fuori dalla mia libreria, come un asso della manica, questo romanzo edito dalla mia amata Keller, che l'editore mi aveva consigliato al Pisa Book Festival. Non ricordavo praticamente nulla di questo libro, ho solo iniziato a leggerlo. Mi sono trovata in un attimo in quel mondo che adoro, nell'America profonda e sperduta, un villaggio di pochi abitanti, un tempo imprecisato, e la storia di una famiglia. Una proprietà terriera immensa, un padre che si ammazza di lavoro in segheria, una madre che si dedica con amore e devozione al marito e al figlio, e quest'ultimo, Thomas, dapprima bambino tranquillo, diventa un'incognita dopo la morte del padre per cancrena. Cécile Coulon ci racconta il disagio di una vita spezzata prima che potesse veramente sbocciare, mettendone insieme i pezzi con pudore e nitidezza, ricordando la Grande Letteratura Americana e dandomi così tanta ma tanta soddisfazione. E poi finito il libro cosa scopro? Che 'sta Cécile è una bimba del '90 (sì, del '90!!!), che in Francia è una scrittrice di culto, che è pure un sacco carina ed anche simpatica... io ovviamente ho già comprato anche il suo secondo libro edito da Keller, La casa delle parole. Leggetela abbestia!

L'invenzione della madre di Marco Peano [minimumfax, 2015]. Questo libro è stato votato come Libro dell'anno 2015 a Fahrenheit, e in generale se ne è parlato tantissimo. L'ho comprato un giorno di febbraio alla stazione di Firenze, l'ho letto solo a dicembre. Ed è un romanzo che semplicemente ti rimane attaccato addosso. Per come riesce a trattare un tema di portata enorme come la malattia e la morte della propria madre, per l'ironia, per la scrittura pensata, con neanche una parola fuori posto, per la cura estrema, per le emozioni che trasmette. La divisione in tre parti, ogni titolo dei piccoli capitoli che ne compongono ciascuna, l'uso delle parentesi come per sottolineare che tutto quello che c'è da dire quasi non ci sta. Un esordio potentissimo quello di Marco Peano, editor di Einaudi, un ragazzo dallo sguardo buono e profondo. Vi consiglio, oltre ovviamente di leggere il libro, di leggere la bella intervista che Francesca di Nuvole d'Inchiostro ha fatto all'autore. Lei, incontrata per caso a Torino al Salone del Libro, una persona meravigliosa (a cui ancora devo dire grazie^^), che fa le domande giuste, intelligenti, e ne è nata davvero una bella conversazione. 

Ecco, io per ora ho finito :). Ma non temete, che torno presto: ho un sacco di libri belli che voglio condividere con voi, idiozie varie ed eventuali, molto disagio e tanto amore. 

A presto!

B. 

4 commenti:

  1. Ti consiglio La moglie di Jhumpa Lahiri, davvero bello.

    Bentornata ;)

    RispondiElimina
  2. Grande beaaaaz! Finalmente online again!!!!
    Felice di rileggerti! abbestia

    RispondiElimina

Ti potrebbe anche interessare...

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...