lunedì 13 ottobre 2014

4. Emmanuel Carrère, Limonov

La recensione di Fofi è in questo caso particolarmente magnetica ed ispirante, e a lettura ultimata ho trovato che rendesse assolutamente giustizia a questo originalissimo romanzo. I superlativi e gli avverbi si sprecano, ma vi assicuro che questo libro, edito da Adelphi, è un trip allucinante

Praticamente Carrère nel 2006 si trova a Mosca, durante la silenziosa manifestazione commemorativa dei parenti delle vittime del teatro della Dubrovka, e tra la piccola folla scorge un volto noto, quello di Eduard Limonov: lo aveva conosciuto a Parigi all'inizio degli anni Ottanta, quando appariva come «un tipo sexy, smaliziato, spiritoso, che sembrava al contempo un marinaio in libera uscita e una rock-star». Erano i tempi in cui le case parigine raccoglievano i nuovi scapigliati, tra cui appunto questo strano scrittore russo, che «non era un romanziere: sapeva raccontare soltanto la sua vita», ma ci riusciva benissimo.
Anni dopo, il giornalista francese Patrick de Saint-Exupéry stava preparando il lancio di una rivista di attualità, e chiese a Carrère un argomento per il primo numero. Lui rispose subito, senza indugio, Limonov, che nel frattempo aveva fondato in Russia il Partito Nazional Bolscevico. Così i due si incontrano nuovamente, passano due settimane insieme, e l'idea iniziale di un articolo si trasforma presto in un romanzo-biografia-reportage incentrato sulle gesta di questa sorta di anti-eroe, che sembra talmente assurdo da essere frutto della fantasia dell'autore, e che invece è quanto mai reale.

Una delle costanti che il lettore ritroverà in questo libro è infatti il senso di straniamento che deriva dalla sensazione di stare leggendo una storia realmente accaduta, perché Emmanuel Carrère riesce nel difficile compito di trasformare una vita, già di per sé avventurosa, in Letteratura. Perché con Limonov riesce a raccontare una storia che riguarda tutti noi, anche se ci sta parlando di un individuo che «è stato teppista in Ucraina, idolo dell'underground sovietico, barbone e poi domestico di un miliardario a Manhattan, scrittore alla moda a Parigi, soldato sperduto nei Balcani; e adesso, nell'immenso bordello del dopo comunismo, vecchio capo carismatico di un partito di giovani desperados». Non tutte le parti del romanzo, suddiviso nelle varie fasi della vita del protagonista, hanno destato in me lo stesso interesse, ma nel complesso è stata una lettura appassionante e molto intrigante, che spinge nell'abisso della sovversione dei canoni tradizionali di bene e male, come deve sempre fare, a mio avviso, la buona Letteratura (come viene sottolineato anche su questo bell'articolo pubblicato su minima&moralia).

Proprio oggi, per caso, mi sono imbattuta in un articolo su Doppiozero, in cui Marco Belpoliti prosegue la conversazione iniziata al Festivaletteratura di Mantova con il professor Gian Piero Piretto, a proposito di Putin e dell'animo russo. Si tratta di un pezzo molto lungo ma allo stesso tempo estremamente piacevole ed interessante, che si prefigge di esplorare le peculiarità di un popolo dalle infinite sfaccettature. Tra i vari concetti delineati, due in particolare mi hanno fatto pensare a Limonov, quello della malinconia russa e quello dell'eterno conflitto tra Occidente e Russia, perché penso a Limonov come all'incarnazione di tale opposizione: lui è stato ed è, allo stesso tempo, dentro e fuori la Russia, rappresentante contemporaneo della fine di un sogno, e come ci ha mostrato Carrère, una leggenda vivente contro il cinismo dilagante. 

Ritorno un attimo alla mia consueta idiozia, abbandonata non so perché in questo post, dicendo che niente, questo libro è tanto tanto figo! 

In sintesi: 
  • Paese: Francia.
  • Prima edizione originale: 2011.
  • Data recensione Fofi: 24 ottobre 2012.
  • Pagine: 356.
  • Periodo di lettura: 6-26 dicembre 2013.
  • Consigliato: abbestia.
B. 

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